Max Payne 3

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  1. N.Tropy
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    “Nella mia fine è il mio principio”: gli eventi narrati nella campagna a giocatore singolo di Max Payne 3, come nel titolo dello straordinario giallo di Agatha Christie, tratteggiano l’esperienza di gioco e riempiono di simboli (e di pallottole…) il profondo vuoto emotivo che indurrà il protagonista a dare una svolta significativa alla propria esistenza a dodici anni di distanza dalla morte di sua moglie Michelle e di sua figlia appena nata, avvenuta nel primo episodio per mano di un branco di criminali sotto l’effetto di una droga sintetica.

    Abbandonato lo stile fumettistico e le atmosfere noir del passato, gli autori di Rockstar hanno deciso di prendere in prestito dai Naughty Dog il fluido stile narrativo di Uncharted per fonderlo ulteriormente alle scene di gioco e dare all’opera il tratto caratteristico di un vero e proprio film interattivo, a cominciare dalla struggente scena introduttiva che ci restituisce l’immagine di un Max “assente”, piegato nello spirito e nel corpo dall’abuso di alcool e di antidolorifici. La dipendenza ai superalcolici e agli psicofarmaci, di conseguenza, è il filo rosso che avvolge la trama e la reinterpreta con gli occhi di un vagabondo svuotato, oramai, della rabbia scaricata sul corpo del mafioso di turno nei tumultuosi anni di servizio nel dipartimento di Polizia di New York.

    In Max Payne 3, la rinascita di un eroe senza tempo non s’accompagna al riscatto del protagonista ma coincide, piuttosto, con la volontà di vivere nuove esperienze prima che sopraggiungano gli inevitabili acciacchi di una vecchiaia ormai imminente. La strada percorsa da Max per “tornare in azione”, per questo, è tutt’altro che scontata: il canovaccio narrativo steso da Rockstar Games per dare forma ai dialoghi e alle scene di intermezzo, infatti, si trasforma in un cliffhanger di emozioni che cresce al susseguirsi delle missioni e si alimenta del sangue versato dal protagonista per perseguire l’obiettivo affidatogli dai suoi nuovi datori di lavoro, gli appartenenti ad una losca famiglia di San Paolo finita nel mirino di una potente organizzazione criminale del posto. Scremata di ogni velleità finto-moralistica, la trama della campagna in singolo è cruda come un pugno e si concede all’emotività e al sentimentalismo solo in casi estremamente limitati, su tutti quello che ci vedrà salvare la vita della donna del boss, una situazione già vissuta da Max nelle sue precedenti avventure newyorkesi.

    La “crudeltà” delle scene immortalate a schermo fa da contraltare alla “raffinatezza artistica” delle sequenze parlate e offre molteplici sfumature esaltate dalla longevità della trama (che, ai livelli di difficoltà più elevati, supera di gran lunga quella dei titoli analoghi), dalla varietà delle ambientazioni e, soprattutto, dalla ricchezza delle meccaniche di gioco.

     
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